Apostata

Giuliano imperatore apostata

Giuliano l’Apostata

Apostata è l’appellativo con cui lo ricordiamo.

Apostata. Così è passato alla storia l’imperatore Giuliano, l’affascinante protagonista del romanzo di Gore Vidal. Figura complessa e forse considerata secondaria nella storia dell’impero romano; un apostata che ha perso la sua battaglia. E per questo esecrato. Apostata perché il suo sogno di restaurare le religioni ellenistiche non si è realizzato. Apostata perché ha vinto il cristianesimo. Un filosofo  visionario in fondo, un mistico che sarebbe potuto diventare un santo se fosse stato cristiano. Forse fanatico nel perseguire la sua propensione al pensiero magico. Ma un fanatico tollerante – e nel suo caso non è un ossimoro – e aperto, dalla mente vivace, pronto ad accogliere nell’olimpo ellenistico anche quella religione cristiana che lo ha insultato con l’appellativo di apostata. Anche perché il politeismo, rispetto al monoteismo, non esclude la diversità, non emargina, non chiude al pensiero divergente. Certo, personalmente l’avrei voluto, nella mia ammirazione, ateo e razionalista, come l’amico-critico Prisco. Ma anche questo fa parte della complessità del personaggio creato da Vidal.

Seguire le sue vicende dalla Gallia alla Persia è un viaggio appassionante, capire i suoi tormenti e i suoi entusiasmi, condividere i suoi sogni, ce lo rendono caro; la scrittura di Vidal ha una vivacità preziosa e alla fine la compassione per questo giovane imperatore è inevitabile.

La postfazione di Domenico De Masi è illuminante. Di seguito una sintesi con citazioni.

Vidal trentenne scrive di Giuliano trentenne. Con la sua «vocazione geniale a trasformare la realtà storica in immagini» dà vita a luoghi e personaggi del lontano IV secolo che il lettore percepisce vicini; riesce a «intrecciare fantasia e realtà senza che l’una prevarichi l’altra, fino a scolpire un ritratto psicologico così vivo da diventare più autentico del personaggio che fu reale». La storia di Giuliano l’Apostata è complicata e poco documentata: tanti sono gli aspetti della sua personalità: filosofo, generale vittorioso, sacerdote massimo, politico, «mosso dal duplice bisogno di sopravvivere lui stesso e di far sopravvivere la civiltà ellenica, minacciata all’esterno dai barbari e all’interno dai cristiani. I primi soccomberanno sotto la sua genialità di stratega; i secondi lo abbatteranno profittando della sua ingenuità di fanatico».
Il romanzo è costellato di aforismi memorabili. Alcune osservazioni rivelano una fine ironia imbevuta di pensiero filosofico greco.
«Il Giuliano che Vidal tenta a tutti i costi di farci amare, in parte riuscendoci, è un giovane intellettualmente precoce, disinteressato al denaro, avido di libri, costituzionalmente incline alla filosofia, parimente capace di capire gli uomini e manovrare eserciti. Ma è anche un giovane puerilmente schiavo dei presagi e dei maghi […] affetto da una inguaribile monomania: riconquistare all’ellenismo, sottraendole alla chiesa, tutte le masse degli ancora indecisi; difendere il culto degli dèi pagani dall’invadenza della teologia cristiana, scaltra debitrice a Mitra e all’Olimpo di tutti i suoi dogmi e delle sue credenze contrabbandate come originali…».
Giuliano era uno che guardava al passato con nostalgia, che voleva restaurare un’impossibile età dell’oro. Le sue imprese sono state memorabili, il suo governo fu giusto, la sua personalità affascinante . Eppure niente di tutto ciò ha salvato la sua illusione- e lui stesso- dall’inesorabile procedere della storia.

Giuliano l’Apostata non fu un imperatore minore: il 4 febbraio 362 «coraggiosamente, coerentemente, proclamò la libertà di culto in tutto il mondo, ripristinando l’eclettismo di Roma, che mai aveva tentato di imporre un credo unico ai popoli conquistati […] combatté i cristiani che, ai suoi occhi ben informati, apparivano nevrotizzati dall’idea della morte, rinunciatari, colpevoli di saccheggiare con pari voracità sia i riti ellenici per farne feste cristiane, sia i templi pagani per farne chiese e ossari».

La postfazione si conclude con le parole di Prisco: «A volte ho l’impressione che la storia dell’impero romano sia un’unica, interminabile ripetizione delle stesse facce. In fondo si somigliano tutti, questi uomini d’azione: solo Giuliano è stato diverso».

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