Zhang Ailing
La storia del giogo d’oro
postfazione di Alessandra Cristina Lavagnino
traduzione dal cinese e note di Alessandra Cristina Lavagnino
Essere cattivissime non paga, procura odio e solitudine, anche un certo disgusto da parte di chi sta attorno, ma tante volte non è propriamente una scelta; in certe persone equivale ad un istinto di distruzione ed autodistruzione, che falcia tutto, anche gli affetti (ammesso che la protagonista riesca ad averne) più cari.
Di basso rango, bella e intelligente, entra a far parte di una nobile famiglia di Shanghai; siamo nel 1913 e lei, in mezzo allo sfacelo della vecchia Cina, è diventata moglie di un invalido; accumula un sordo rancore che si tramuterà in quell’odio che tutto travolge.
La narrazione procede accumulando scene che sembrano gli atti di una rappresentazione teatrale, con una sceneggiatura accurata nelle descrizioni degli ambienti (dove si riconosce la mano felice di chi “dipinge” pù che scrivere) e nella presentazione dei personaggi di cui si precisano la collocazione sulla scena, l’aspetto, i gesti, l’abbigliamento.
Ad un certo punto la scrittura assume l’andamento di un freddo resoconto di come Qiqiao, la protagonista, distrugga tutto ciò che la circonda con metodica ed irrefrenabile sicurezza.
Dalla postfazione: «Esempio perfetto della produzione narrativa di questo periodo, La storia del giogo d’oro appare come un folgorante, e terribile, paradigma tragico, letterariamente costruito attraverso il susseguirsi di quei “contrasti sfumati” (cenci duizhao) che Zhang stessa rivendica come una propria, peculiare scelta stilistica».
Ne La mia scrittura l’autrice precisa: «Preferisco il modo del “contrasto sfumato” perché è più vicino alla realtà…Nei miei racconti i personaggi non sono eroi, ma portano con sé il peso della nostra epoca. Non sono estremi, ma pesanti. Non possiedono una tragica potenza, soltanto desolazione».
Desolazione appunto, ancora desolazione.