Una burla riuscita

Italo Svevo
Una burla riuscita
La Biblioteca di Repubblica 2011

Una scrittura faticosa, una lettura faticosa. Sembrerebbe un’esercitazione; invece viene dopo la sua opera più importante: La coscienza di Zeno è del 1923, questo racconto è del 1926.
E’ la storia di Mario Samigli, un oscuro impiegato amante della letteratura, che ha pubblicato un romanzuccio a venti anni e che continua a vivere con in cuore una smisurata ambizione letteraria, celata a tutti, eppure manifesta, tanto che su questo suo segreto si costruisce la burla da parte del suo “amico-nemico” Gaia, rozzo commesso-viaggiatore, dedito alla gozzoviglia e alle burle, appunto.
Ma la vicenda non si svolgerà come l’ideatore aveva pensato…
I personaggi, e soprattutto il protagonista, sono esaminati  come fossero cavie da laboratorio; in un eccesso di psicologismo, ma forse è questa la cifra identificativa dell’autore, tutti sono sezionati e messi sui vetrini, nessuno è risparmiato; l’autore stesso (ossia Mario Samigli) si prende in giro, non si risparmia nulla, con cattiveria. Come dice Paolo Rumiz nella prefazione «Fin dalle prime righe è chiaro che attraverso Mario Samigli, protagonista fortunato suo malgrado, Svevo racconta se medesimo, al termine di un ventennio di delusioni consumate in attesa di quella  che sarà un tardivo successo».
Rumiz continua elencando  le coincidenze tra scrittore e protagonista del racconto, dallo stesso cognome Samigli (già usato da Svevo come pseudonimo), alla circostanza del fratello ammalato, fino alle sue disavventure di scrittore.
Il racconto, quindi,  sembra essere una sorta di catarsi; certamente – ed è ancora Rumiz – la storia «… ha al suo centro l’enigmaticità e assurdità della vita, la rappresentazione di un’esistenza che non è né brutta né bella e non garantisce coerenza di valori».
Questo omino, nella sua dimensione fuori del tempo e della realtà, immerso nelle favole crudeli che inventa sui passeri, è quasi simpatico nell’ ingenuità al limite della dabbenaggine; è commovente nella delusione di fronte al proprio fallimento che non è solo letterario, ma anche esistenziale – e qui c’è tutto lo Svevo migliore.
Sullo sfondo si intravede Trieste, città d’incontro tra mondi diversi.

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