Fragilità veneziana

Fragilità veneziana: lo studio di Carlo Giupponi mette al centro della sua ricerca questo aspetto.

risolvere la fragilità veneziana

Fragilità veneziana: quale futuro per la città e la sua laguna?

La fragilità veneziana è strettamente legata alla sua storia e a ciò che sta succedendo nel mondo-, come scrive Luca Mercalli nella prefazione «Venezia […] ha interazioni fortissime e indissolubili con il suo ambiente locale – la laguna- e con quello globale – gli oceani e il clima – e ancora, segue un modello di sviluppo basato sul turismo, che è un altro fenomeno globale molto dipendente da altri fattori. L’aumento del livello marino, dovuto all’epocale cambiamento climatico innescato dalle attività umane, aggiunge una nuova variabile in grado di mutare totalmente la traiettoria dei futuri veneziani…».

L’autore è uno studioso di economia ambientale e come tale affronta il problema della fragilità veneziana da un punto di vista scientifico, ma è anche un abitante di Venezia e come tale vive tutte le difficoltà che la fragilità veneziana comporta e, soprattutto, comporterà nel futuro.
«Venezia […] è oggi una realtà fragile,  messa in pericolo da diversi fattori: l’antico problema delle acque alte, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, il cambiamento climatico con l’innalzamento del livello dei mari, , il turismo di massa e, ultimo in ordine di tempo, gli impatti sociali ed economici provocati dalla pandemia di Covid-19».
Il suo approccio cerca di «sintetizzare le conoscenze fornite da discipline diverse, considerando Venezia e la sua laguna come un sistema complesso a livello locale, ma anche interconnesso a livello globale». L’obiettivo è poter tracciare dei “futuri possibili” senza aver la pretesa di prevedere ciò che succederà, ma «con l’ambizione di esplorare le molteplici situazioni che si potrebbero verificare, per prepararci a gestirle, governando l’incertezza». Lo studio di Giupponi è una vera miniera di informazioni non solo su Venezia ma sullo stato (allarmante) del pianeta: l’autore rimanda a ricerche e siti di grande interesse.

Il saggio inizia con una brevissima storia di Venezia, dove emerge appunto la questione della fragilità veneziana: la fondazione della città (tradizionalmente nel 421 d.C.), la lotta contro l’acqua che distrugge e costruisce costantemente, l’evoluzione come entità anfibia, la consapevolezza della Repubblica di Venezia che i destini di città e laguna sono strettamente intrecciati. Si riportano tutti gli interventi che a partire dal XIV secolo fino a tutto il Novecento si sono messi in atto.

Una delle cause della fragilità veneziana è la “turistificazione”: «Venezia ha perso via via i suoi connotati di città capoluogo, assumendo sempre più quelli di quartiere turistico, che mantiene un numero di abitanti attorno ai centomila solo se si considerano sia quelli ufficialmente censiti sia quelli che a vario titolo vi abitano per periodi più o meno lunghi (studenti e proprietari di seconde case)». Per cercare di rimediare a questo problema è necessario tutelare la residenzialità e disincentivare gli affitti turistici, come si era cominciato a fare con il Progetto di governance territoriale del turismo a Venezia del 2017.
Al riscaldamento globale e alle sue conseguenze è strettamente legata la fragilità veneziana; su questo aspetto si devono tener presenti «le politiche climatiche internazionali e il loro impatto a livello locale […] ci si deve preparare a gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici e soprattutto l’innalzamento del livello del mare, destinato a continuare nei prossimi secoli…».

Nella terza parte del saggio si analizza il “sistema Venezia” in relazione al mondo che cambia e si evidenzia l’urgenza di intervenire.
È importante capire che solo gestendo la complessità si possono trovare delle soluzioni intrecciando i problemi dell’ambiente con le esigenze economiche e sociali. Per definire un modello concettuale per la sostenibilità del sistema veneziano si devono quindi esaminare la componente ecologica e l’insieme socioeconomico. E sempre «è necessario riportare alla scala di interesse (nazionale, regionale, locale) i risultati degli studi macro sugli scenari futuri».
Salvaguardare i monumenti,  proteggere Venezia dall’acqua alta non sono i soli imperativi imposti dalla fragilità veneziana; è urgente anche invertire l’andamento demografico di una città che si sta spopolando senza dimenticare la necessità di dare nuovo vigore all’economia. E ancora: la fragilità veneziana riguarda la città e la sua laguna, separare i due aspetti sarebbe un grave errore. Spesso gli interventi messi in atto non hanno preso in considerazione l’intreccio indissolubile dei problemi e, per di più, non sono stati sottoposti ad un’unica regia che avrebbe potuto coordinare la complessa questione. Le decisioni devono essere prese «con un’ottica complessiva e di lungo periodo e non possono essere rimandate».
Sono quattro i settori a cui devono essere rivolte le azioni necessarie: residenzialità e salvaguardia sociale della città storica e delle isole, salvaguardia fisica (rialzo di rive e percorsi pedonali, MoSE, proposta  di sollevamento geologico), salvaguardia ambientale (lotta all’inquinamento, sistema fognario), portualità (per Venezia il porto è la seconda attività economica dopo il turismo).
L’autore indica chiaramente quali sarebbero le soluzioni, ma non si nasconde le enormi difficoltà per attuarle e conclude: «La conclusione a questo volume potrebbe anche essere brevissima e brutale: in città siamo ormai rimasti in quattro gatti e una buona fetta di questi vivono delle rendite offerte dal turismo, avendo ereditato qualche appartamento, poi affittato su Airbnb. Non esiste quindi alcuna possibilità che la città abbia né la volontà né le capacità intellettuali e imprenditoriali per cercare una prospettiva di lungo periodo che esca dal solco attuale. Devo dire che, purtroppo, questa ipotesi non mi sembra lontanissima dalla realtà, […] Non bisogna però disperare. […]: Venezia si può salvare con una macroscopica iniezione di forze di “importazione” nuove e giovani, […] La città deve fare un balzo in avanti e non può farlo che aprendosi sempre più a una dimensione internazionale, […] se non altro perché la città non ha speranze di sopravvivere senza importanti contributi – anche finanziari – dall’estero».

Carlo Giupponi è professore ordinario di Economia ambientale e applicata presso il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. La sua attività di ricerca si concentra sulla scienza della sostenibilità e sul cambiamento globale. Ha diverse responsabilità in progetti e istituzioni accademiche e di ricerca, e ha al proprio attivo oltre 330 pubblicazioni scientifiche.”  (Dall’aletta posteriore)

 

 

 

 

 

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