Serenissima Repubblica

Serenissima Repubblica è Venezia:

Venezia Serenissima

Repubblica Serenissima

 

Questa è d’ogni alto ben nido fecondo

Vinetia: et tal che chi lei vede, stima

Veder raccolto in breve spatio il mondo

 

Tratta da due volumi di incisioni acquarellate di Giacomo Franco, editi a Venezia nel 1610 e 1614. (Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Einaudi 1978, trad. di Franco Salvatorelli)

L’immagine della Serenissima come un piccolo spazio in cui è raccolto il mondo è quanto mai suggestiva ed anche se ci arriva dal XVII secolo conserva tutta la sua attrattiva: la vocazione internazionale di Venezia ha una lunga storia che non può essere abbandonata se vogliamo la sua salvezza.
«La città deve fare un balzo in avanti, e non può farlo che aprendosi sempre più a una dimensione internazionale, ponendosi obiettivi ambiziosi di medio-lungo periodo e dotandosi degli strumenti per raggiungerli e per monitorare efficacemente i progressi, attraverso la più ampia partecipazione dei portatori di interessi, che ancora una volta non possono essere solo locali, ma internazionali, se non altro perché la città non ha speranze di sopravvivere senza importanti contributi – anche finanziari – dall’estero. » (Carlo Giupponi, Venezia e i cambiamenti climatici, Rizzoli 2022).

Questa relazione parla soprattutto di  Venezia, ma anche della sua laguna al cui destino è strettamente legata. Prima di avventurarci in una originale visita alla città seguendo una guida d’eccezione come ‘Venezia è un pesce’ di Tiziano Scarpa, sarà utile ricordare ciò che scrive lo storico Giovanni Scarabello:  «Coloro che avevano scritto della storia di Venezia, coloro che ne scrivevano nel Quattro-Cinquecento e ne scriveranno nei secoli posteriori, presentarono la città anzitutto nella sua straordinarietà ambientale. Una città  “voluta dalla Provvidenza” in equilibrio tra mare e terra. Un’immagine mitica che tuttavia si accompagnò a quell’altra di una città che, proprio per l’essere in bilico tra mare e terra, era costantemente minacciata di essere inghiottita dalle acque o essere interrata, e quindi separata, da esse. Per scongiurare l’interramento della laguna prodotto dai detriti portati dai fiumi che vi sfociavano e dalle sabbie che il mare depositava davanti alle imboccature dei porti e per scongiurare l’opposto pericolo che fosse il mare, sospinto da eccezionali alte maree e violente burrasche, a entrare in laguna e a tutto sommergere, i veneziani condussero una guerra lunghissima opponendo dinamica a dinamica, elemento a elemento, impegnando senza tregua intelletto, uomini e mezzi. Non sempre essi conseguirono vittorie definitive, ma certo riuscirono a salvare la città dall’ultimo effetto fatale». (G.Scarabello, P.Morachiello, M.Piana, Venezia- breve storia illustrata, Supernova 2011)

Per la storia della Serenissima dal VI secolo al XVIII secolo ci basti riportare lo schema che lo storico statunitense Frederic Lane ci propone:
-prima del 1000: i veneziani furono essenzialmente barcaioli o battellieri che percorrevano le lagune e i corsi d’acqua dell’Italia settentrionale con piccole imbarcazioni
-dopo il 1000: diventarono una nazione marinara che commerciava e combatteva in buona parte del Mediterraneo, spingendosi nei fiumi della Russia e arrivando fino alla Manica.
-nel 1204 con la conquista di Costantinopoli da parte dei crociati Venezia diventa una potenza imperiale. È anche una città di artigiani, funzionari, pochi aristocratici, città famosa per le arti manuali, la finanza e la sua forma di governo.
– Le rotte commerciali oceaniche minarono le fonti tradizionali della sua ricchezza, ma Venezia seppe adattare le attività commerciali e manifatturiere alle nuove possibilità offerte dall’Europa.
«In tutti quei lunghi secoli si mantenne nelle istituzioni politiche e sociali di Venezia una notevole continuità, in cui si esprime la forza dell’attaccamento dei veneziani agli usi e costumi peculiari che avevano fatto di loro un popolo a parte». (Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Einaudi 1978, trad. di Franco Salvatorelli)

Il cantautore Alberto D’Amico ci canta la ‘sua’ storia di Venezia e mette in luce  come le ricchezze della Serenissima siano state legate, in molte occasioni, alla rapina: Venessia patria mia dileta

In effetti basta pensare alla basilica di San Marco: «Nel 1206, dopo la IV crociata, giunsero a Venezia via mare, per essere applicati alle nude strutture in cotto dell’interno e della facciata, lastre, bassorilievi, colonne di marmo greco provenienti da chissà quali edifici dell’Impero bizantino. Sulla terrazza di coronamento del primo comparto del nartece finirono gli splendidi cavalli di rame dorato tolti da una quadriga ellenistica o romana». (G.Scarabello, P.Morachiello, M.Piana, Venezia- breve storia illustrata, cit.)
E questo è solo un esempio.

I fiumi veneti sono strettamente legati alle lagune. Ne hanno determinato  la nascita, avrebbero potuto decretarne la morte. Il tratto dell’Alto Adriatico che va da Grado a Cervia riceve la foce di molti fiumi: Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Sile, Brenta, Adige, Po. «In età romana c’erano i n quella zona specchi d’acqua aperti, a cui Plinio dava il nome di “sette mari” » (Frederic C. Lane, Storia di Venezia, cit.).  Solo dopo il 600 d. C. emersero, grazie all’apporto dei fiumi, quelle terre che delimitarono le lagune. «Il luogo che chiamiamo Venezia era allora in massima parte una distesa d’acqua, con un grappolo di isolotti il maggiore dei quali era detto Rivoalto (ossia riva alta), il futuro Rialto» (Frederic C. Lane, Storia di Venezia, cit.). Altri erano allora i centri importanti della zona: Cavarzere, Chioggia, Malamocco, Torcello.

I fiumi che interessano la laguna di Venezia sono tre: Brenta, Piave, Sile; è su questi che il Magistrato alle Acque, l’antica istituzione veneziana, ha costantemente vigilato a partire dal XIV secolo, deviando il loro corso per impedire l’interramento della laguna, che, nel contempo, doveva difendere anche da un’azione erosiva del mare.
«Noi ricorderemo solo che la conservazione delle lagune di Venezia, che nei tempi antichi erano estesissime, fu motivo di costante preoccupazione per i Veneziani, i quali quando si accorsero che le immissioni dei fiumi nei bacini lagunari portava all’interrimento ed all’impaludamento, ciò che avrebbe costituito la scomparsa della città o, quanto meno, resa insufficiente la sua sicurezza, basata sull’isolamento, non esitarono a dar corso ad opere immani per quei tempi, per deviarne le foci e per difendere il litorale dalla distruzione dovuta all’azione del mare». Così si legge in un opuscolo edito dal Magistrato alle acque nel 1931, che contiene un interessante resoconto sulla diversione dei fiumi effettuata nel corso dei secoli e dove si parla de “la Brenta, il grande nemico”.

Sarebbe troppo lungo ripercorrere la storia dei numerosi interventi idraulici più o meno efficaci e sempre condizionati, spesso in senso negativo, da interessi politici ed economici.
Ci basti sottolineare l’aumentata gravità della situazione veneziana per il sommarsi di problemi nuovi a quelli antichi : «Venezia […] è oggi una realtà fragile,  messa in pericolo da diversi fattori: l’antico problema delle acque alte, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, il cambiamento climatico con l’innalzamento del livello dei mari, , il turismo di massa e, ultimo in ordine di tempo, gli impatti sociali ed economici provocati dalla pandemia di Covid-19» (Carlo Giupponi, Venezia e i cambiamenti climatici cit.)
Né  va dimenticato il problema della subsidenza.

Se tanti pericoli provenienti dalle acque minacciano la Serenissima, la città comunque ha bisogno dell’acqua per vivere… perché Venezia è un pesce: «Venezia è un pesce. Guardala su una cartina geografica. Assomiglia a una sogliola colossale distesa sul fondo, o a un’orata che guizza su un’onda. Come mai questo animale prodigioso ha risalito l’Adriatico ed è venuto a rintanarsi proprio qui? […] È dalla notte dei tempi che naviga; ha toccato tutti i porti […]; sulle squame le sono rimaste attaccate madreperle mediorientali, sabbia fenicia trasparente, molluschi greci, alghe bizantine. Un giorno però ha sentito tutto il gravame di queste scaglie […]. Le sue pinne sono diventate troppo pesanti per sgusciare tra le correnti. Ha deciso di risalire una volta per tutte in una delle insenature più a nord del Mediterraneo, la più tranquilla, la più riparata, e di riposare qui.» (Tiziano Scarpa, Venezia è un pesce – una guida nuova, Feltrinelli 2022)
Con questa immagine affascinante, che racchiude in sé tutta la storia e l’essenza della Repubblica Serenissima, si apre la particolare guida di Tiziano Scarpa e inizia un  viaggio nella città lagunare e nei ricordi dell’autore, che ci fa toccare fiutare gustare udire vedere questo pesce Venezia ancorato in mezzo alla laguna.
Bisogna sentire sotto i piedi i ‘maségni’  e vagare senza meta, abbandonare i percorsi conosciuti… imboccare le calli deserte salire e scendere i ponti, che sono tanti e che uniscono le varie parti della città. E intanto, mentre percorri un campiello, sentire che si sta camminando sopra il bene più prezioso al mondo, l’acqua.
Sull’acqua ci si muove in vaporetto, in gondola, in barca a motore e sulle imbarcazioni bisogna imparare a stare in equilibrio.
Equilibrio sulle acque, dunque, ma anche equilibrio delle acque: Venezia è laguna  e può salvarsi solo  se si mantiene il delicato equilibrio della laguna.
Venezia è anche acqua alta, è umidità, i suoi muri si sbriciolano, le case vecchie sono prive di comodità: negli anni Settanta Alberto D’Amico  cantava il disagio degli abitanti delle zone più povere costretti alla migrazione verso la terraferma nella canzone Cavàrte dal fredo.
Da allora Venezia è sempre di più acqua alta: tanto è stato scritto su questo, ma è nella narrazione senza sbavature sentimentali di Tiziano Scarpa, che si sente la partecipazione di chi Venezia la vive e la ‘soffre’.
Venezia è la città dell’amore, del cuore.
Venezia si può, si deve toccare: ci si appoggia sui parapetti dei ponti, allargando le braccia si toccano le due pareti di una calle, e non serve neanche allargarle tanto. Si toccano i muri umidi e il soffitto dei sottoportici. Sul vaporetto, sulle gondole si afferrano sostegni. Il remo è una mano che tocca la forcola, anzi l’accarezza.
Venezia Serenissima è Carnevale, è spettacolo, è densità di facce diverse di diverse etnie.
Venezia è un’altalena continua di suoni frastornanti e di pause silenti. Urla di gondolieri, sirene, miagolii di notte, passi che risuonano, versi di uccelli come il chiù, decollo di piccioni, tuffi di pantegane, traffico nei canali, campane, intreccio di lingue diverse… e poi il silenzio di certe calli lontane dai circuiti, di certi campielli nascosti, soprattutto delle notti. Nel silenzio si può ascoltare il picchiettio della pioggia sullo specchio dei canali, nel silenzio si odono le goccioline sospese della nebbia.
Che sapore ha Venezia? Lo si può sentire nei suoi bàcari, nelle sue osterie.
E gli odori? L’autore, che è veneziano, sente ancora gli odori della sua infanzia che non sono poi cambiati molto da allora: il tanfo di certi ‘marciumi limacciosi’, di certi scarichi di lavandini e di qualcosa di peggio.
Ma è dagli occhi che viene l’insidia più pericolosa per chi non voglia essere stregato da Venezia. Nel capitolo di questa guida dedicato alla vista si scatena la brillante ironia dell’autore, che vede negli eterni ponteggi e impalcature per il restauro, nonché negli orridi edifici novecenteschi di certe zone un riparo, un sollievo contro lo splendore di Venezia che ha la potenza di un’esplosione nucleare.
Insomma, gli occhi non hanno pace, ammaliati.
Troppo bella la Serenissima?  Talmente bella da essere kitsch? Tiziano Scarpa afferma: «Marghera è stata costruita per fare da antidoto al kitsch del tramonto veneziano».
Il rosso del tramonto di Marghera evoca la descrizione che Alberto D’Amico canta in  Ti sa miga.
Ma di chi è Venezia? Dei veneziani? Dei turisti?

Orhan Pamuk conclude l’appello rivolto al Presidente del Consiglio Draghi nel 2021 in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 con queste parole:

Venezia è Pechino… Venezia è Boston, Venezia è Kyoto, Venezia è Calcutta, Venezia è San Pietroburgo, Venezia è Madrid, Amburgo, Parigi e Istanbul. Salvare Venezia è salvare tutta l’umanità e ogni città del mondo… Lagos, Cairo, San Paolo, New York e Hong Kong.

 

 

condividi!
  • Print
  • Facebook
  • Twitter
  • RSS
Questa voce è stata pubblicata in conferenze, romanzi e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.