Pietro Citati
Leopardi
Mondadori 2010
Istruzioni per l’uso: libro da sottoporre a lettura lenta e meditativa; interrompersi ad ogni capitolo e chiedersi quale suggestione trarne; tenere accanto le Opere di Leopardi per sfogliare e leggere e studiare (o ripassare) a memoria qualche poesia (anche se già conosciuta e studiata a suo tempo); sarà utile, anche, sfogliare le opere di prosa (soprattutto le Operette morali) senza dimenticare le 4526 pagine dello Zibaldone (sarà sufficiente farsi guidare da Citati nella scelta dei brani).
Per capire il rapporto di Citati con Leopardi basta osservare la foto del critico nel retro di copertina e confrontarla con l’immagine del poeta: l’immedesimazione è la chiave per penetrare nell’universo leopardiano.
http://fatimallospecchio.blogspot.com/2010/12/immedesimarsi.html
Il libro, che potremmo definire un saggio-romanzo, si apre con gli splendidi ritratti di Monaldo e Adelaide Leopardi, ricrea l’allegra infanzia di Leopardi, tra letture di favole e affettuose cure del padre, per aprire poi la dolorosa strada verso la terribile malattia (tubercolosi ossea o morbo di Pott) che, a cominciare dai suoi 16 anni, ha devastato la vita del poeta. Inizia infatti una lotta tra la sua immensa vitalità e la sofferenza atroce, resa ancor più acuta da un assurdo senso di colpa che faceva credere a Leopardi di essere egli stesso la causa del suo male. E’ come se tutto il suo studiare, scrivere, pensare non fosse altro che la disperata ricerca di un antidoto alla estrema infelicità del vivere. Il racconto alterna descrizioni delle vicende e delle relazioni sentimentali e sociali del Leopardi con analisi del suo pensiero e delle sue opere: l’amicizia da Giacomo tanto desiderata con Pietro Giordani; la fine del loro rapporto, con l’amarezza di un affetto perduto, ma anche con il ricordo di un’insuperabile esperienza; la disperazione tetra del marzo del 1819 quando la tubercolosi gli colpisce gli occhi e lo spinge ad una fuga che fallisce; il sopraggiungere di una “disperazione placida, tranquilla, rassegnata”; l’amore per la lontana cugina Gertrude Cassi, poi per Benedetta Brini, donne da amare solo nel sogno e nell’immaginazione; i viaggi e i soggiorni a Roma, a Bologna; la figura della sorella Paolina, che adorava Giacomo e soffriva della sua lontananza, lei, così triste nella cupa atmosfera del palazzo di Recanati sotto l’opprimente sorveglianza della madre; e poi ancora Firenze, Pisa (da Leopardi molto amata), e Recanati e Firenze ancora; il rapporto con Ranieri, con il quale si stabilirà infine a Napoli e che lo curerà con grande affetto e dedizione fino alla fine.
Citati non racconta solo questo, ma indaga in modo esaustivo il pensiero filosofico leopardiano e l’opera poetica.
Magistrale nell’intrecciare legami tra i Canti e lo Zibaldone, avvincente nel delineare ambienti, personaggi e vicende, interessante nel tracciare i percorsi mentali leopardiani, diventa a volte pedante, forse prolisso, nell’analisi dei testi (ma forse è perché ci sembra di ritornare sui banchi di scuola alle prese con le famigerate e distruttive versioni in prosa delle poesie di Leopardi).
E’ comunque un’opera ricchissima, capace di risvegliare la voglia di poesia, e soprattutto di farci sentire Leopardi come un fratello amato che si vorrebbe abbracciare per consolarlo di tutta l’infelicità che ha distrutto la sua vita, regalando a noi, nel contempo, pagine insuperate.